sabato 17 febbraio 2018

Italo Calvino - Il Visconte dimezzato



Una parabola dal sapore cristiano sulla necessità di essere / possedere sia il bene che il male, sull'essere buoni e cattivi, sull'essere interi per essere umani.

Il solo male è sicuramente nocivo ma altrettanto può esserlo il solo bene tanto che i lebbrosi si ritroveranno a pensare che "delle due metà è peggio la buona della grama".

Della parabola riprende la moralità senza pedanteria e la semplicità. Calvino parla ai ragazzi, agli adulti, ai colti e ai curiosi, non serve grande cultura letteraria per comprendere questo racconto, serve capacità di astrazione.
Piacevolmente leggero, sorprendentemente semplice eppure ricco di spunti per pensare, meditare, astrarre.

Lo scopo dell'opera lo rivela proprio Calvino nella nota al testo del 1960: 

"Quel che mi interessava, il dimidiamento. Dimidiato, mutilato, incompleto, nemico a sé stesso è l'uomo contemporaneo; Marx lo disse "alienato", Freud "represso"; uno stato d'antica armonia è perduto, a una nuova completezza si aspira. Il nocciolo ideologico-morale che volevo coscientemente dare alla storia era questo. Ma più che lavorare ad approfondirlo sul piano filosofico, ho badato a dare al racconto uno scheletro che funzionasse come un ben connesso meccanismo, e carne e sangue di libere associazioni d'immaginazione lirica."

In fondo rimane una parabola sul bene e sul male e sulla necessità di entrambi.

Ci sono due particolari però che non mi sono del tutto chiari, e sui quali posso fare supposizioni
http://www.eleniaberetta.com/Il-Visconte-Dimezzato

Il primo riguarda i nomi: il dottor Trelowney porta il nome di uno dei personaggi dell'Isola del Tesoro di Stevenson, precursore dell'indagare, svelare, citare le teorie del doppio con Jekyll-Hyde. Ora secondo me laddove per Stevenson le teorie del doppio, del bene e male racchiusi nella medesima natura umana, costituivano l'innovazione, per Calvino invece il doppio è ormai la normalità così come lo è per noi ed è per questo che l'innovazione è ora il dimidiamento, il dimezzamento che non è solo la frattura bene/male ma è la frattura all'interno dell'Uomo, l'uomo spezzato. 

Mi torna in mente Eliot, i frammenti della Terra Desolata con cui puntellava le sue rovine, poesia come insieme di frammenti... il dottor Trelawney che si affanna a bendare, fasciare, ricongiungere le due metà del Visconte facendo combaciare viscere e arterie, ricongiungendo frammenti, puntellando rovine.
L'artista del primo Novecento in crisi d'identità cercava un nuovo rapporto con l'arte e nuovi modi per esprimersi per distaccarsi dagli ingombranti padri del Canone che sembravano possedere verità assolute e sicurezze laddove il poeta moderno era insicuro e tremante e non si ergeva più a dispensatore di verità (cfr. Montale "Non chiederco parola").
Allo stesso modo anche l'uomo del secondo dopoguerra è alla ricerca di un nuovo rapporto con la realtà, l'insicurezza, la zoppia hanno pervaso la società tutta, il senso di ribellione verso la società dei padri si sta insinuando e di lì a qualche anno esploderà in minigonne, caschetti e jeans, in desideri di parità e uguaglianza.  

"Alle volte uno si sente incompleto ed è soltanto giovane."

E giovane era la società in cui Calvino si muoveva. Una società che avvertiva il senso di incompletezza come una sorta di epoca adolescenziale alla ricerca di identità.

Il secondo particolare è relativo alla determinazione temporale. Il riferimento ai turchi in Boemia e alla cacciata degli Ugonotti dalla Francia localizza il racconto nel Seicento, le guerre ottomano-Asburgiche coprono un arco di tempo che va dalla prima metà del Cinquecento alla fine del Settecento. La cacciata degli Ugonotti di cui parla Calvino (cap. V) si può far risalire a subito dopo il 1685 quando re Luigi XIV revocò l'Editto di Nantes dando inizio al clima di persecuzione in Francia.
Il riferimento poi al capitano Cook e all'Australia ci porta nel Settecento, precisamente nel 1770.
Questa fluidità temporale può risultare destabilizzante: nella maggior parte della narrazione siamo di fronte a una storia straordinaria inserita in un contesto abbastanza storico e coerente finché non si prendono in considerazione i riferimenti a Cook e all'Australia che faranno sicuramente storcere il naso ai puristi della coerenza logica, ma contribuiscono al generale clima fiabesco.

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