domenica 3 dicembre 2017

Storia dei Longobardi - Paolo Diacono

Storia dei Longobardi, edizione San Paolo con introduzione e note di Felice Bonalumi, Decisamente consigliata!

Può un libro di storia del VIII secolo scritto nell’VIII secolo essere considerato opera letteraria da leggere?
Oh sì!
Oh sì!
Oh sì!


La Historia Langobardorum di Paolo Diacono, oltre a essere il testo più completo che riporti la storia dei Longobardi dalle origini nel mito al regno di Liutprando, oltre a presentare interessanti digressioni geografiche, etniche e storiche che aiutano il lettore di ogni epoca a collocare nel giusto spazio temporale, geografico e politico gli eventi, è sicuramente un'opera di alta letteratura scritta da una penna dotata di concisione, scorrevolezza ed eleganza.

L’opera del resto è una saga, la grande saga del popolo longobardo dalle origini perdute nel mito sino all'ultimo re (in realtà il terz'ultimo ma per amor di letteratura facciamo finta che sia l'ultimo ok?). E in tempi come i nostri in cui si vive questo ritorno al medioevo con opere di consumo come Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco o Vikings, questo libro trova una nuova giovinezza nella riscoperta delle origini germaniche di una parte d’Italia risalendo a un popolo che è tutto nostro e solo nostro e che contribuì enormemente a spostare il baricentro dell’Italia dal Mediterraneo all’Europa continentale (perché l’ho spiegato qui).

Codice del XI s. della Origo gentis Langobardorum, Salerno
L'origine di questo popolo si perde in una nebbia mitica che vede partire dalla Scandinavia una madre con due figli e pochi giovani guerrieri al seguito, partono e subito si scontrano con i Vandali che vogliono sottometterli. Lottano e vincono per la libertà, tema che ricorre lungo tutta l'opera come valore fondamentale e principio irrinunciabile del popolo longobardo che combatterebbe, secondo Diacono, non per desiderio di bottini e gloria ma per difendere la propria libertà, lo stesso avo dell'autore, prigioniero degli Avari, fuggirà e tornerà in Italia tessendo così un parallelo tra la storia del popolo longobardo e la storia della famiglia di Diacono. Si nota, da parte dell'autore, un continuo giustificare le azioni offensive dei Longobardi come necessità per mantenere l’indipendenza, anche l’attacco di Agilulfo a Ravenna avrebbe avuto come motivazione il rapimento della figlia da parte dei Bizantini e poco importa se in seguito a ciò i Longobardi abbiano conquistato Cremona, Mantova e Brescello: secondo Diacono non combattono per conquista ma per difesa.

Un giochetto divertente che si può fare con questo libro è quello di trovare tutti i punti in cui l’aspetto guerriero del popolo Longobardo viene minimizzato se non addirittura taciuto sostituendo le cause che portano agli scontri con motivazioni alla Deus Vult!

E’ con estrema ironia che si leggono alcuni passi, un esempio su tutti quando Diacono parla del regno di Autari successivo all’epoca dei Duchi: “Non vi era violenza, non si tendevano insidie; nessuno angariava gli altri ingiustamente, nessuno depredava; non vi erano furti, non rapine; ognuno andava dove desiderava sicuro e senza timore”, le violenze, le razzie, le uccisioni e confische che hanno caratterizzato la conquista longobarda dell’Italia vengono dall’autore confinane tutte nei dieci anni di regno dei duchi. Al lettore moderno resterà il compito di ricostruire in modo verosimile le vicende bilanciando il tono al limite dell’agiografico di Paolo Diacono con il biasimo lasciato dagli storici franchi e rinascimentali.

Le digressioni sono numerosissime ma mai prolisse e sempre piacevoli se non proprio gustose, sono curiosità su fenomeni naturali straordinari, leggende, fatti storici più o meno pertinenti con la narrazione, elegie, estratti di corrispondenze private che rendono vivi e reali personaggi storici come Teodolinda e Gregorio Magno. Devo confessare che al cospetto dell’elegia dedicata dall’autore al beato Benedetto non ho potuto fare a medo di pensare a Tolkien e alle sue opere in cui canti e ballate si fanno largo tra la prosa. Vi si leggono inoltre esempi di ottima letteratura come il viaggio del bisnonno di Paolo Diacono per tornare in Italia, anche questo tra mito e realtà, prima l'incontro con un lupo, poi un sogno rivelatore e infine il soccorso che gli giunge da un'anziana. Oppure la vicenda di Alboino e Rosmunda che è stata più volte ripresa in letteratura da Ruccellai, Alfieri e Sem Benelli, e si pensa che sia stata d’ispirazione per una canzone popolare lombarda cantata da artisti come Mia Martini, Sergio Endrigo e De Gregori.

L'opera inizia con un'ampia digressione sulle popolazioni germaniche del nord, fenomeni naturali nordici straordinari e poi percorre l'eroica migrazione dei Winili (antico nome dei Longobardi) dalla Scandinavia fino alle porte dell'Italia. Tra le righe del mito si legge il loro abbandono della divinità Freya, madre di fertilità per votarsi al dio Wotan, dio di eserciti e guerre, il loro assimilare popolazioni al passaggio liberando schiavi per farne guerrieri, la presenza di guerrieri mascherati (cinocefali), lotte con le Amazzoni... molte citazioni care agli appassionati di letteratura nordica.

Alle porte dell'Italia si apre una digressione che illustra il periodo storico e culturale, come a voler segnare una rottura nella narrazione tra quello che erano prima i Longobardi e ciò che diventeranno nella loro nuova patria.

Segue un lungo carme a San Benedetto e infine l'arrivo in Italia il lunedì di Pasqua, simbolo di rinascita, di primavera d’Italia.

Dopo l'arrivo in Italia l'autore si sofferma a illustrare le varie regioni d'Italia colorando il tutto con diverse etimologie fantasiose, molte delle quali riprese pari pari da Isidoro di Siviglia, compresa quella della parola Longobardi: “così chiamati a causa della loro lunga barba mai tagliata” (Etimologie XIX, II, 95).

La narrazione delle vicende storiche dei Longobardi continua in modo sempre più scorrevole, intervallata da digressioni storiche e leggende e si potrebbe compiere un’analisi più approfondita su vari aspetti della narrazione, per esempio analizzare le etimologie fantastiche, vere e proprie castronerie laddove per trovare l’origine e il significato di alcuni nomi si invertono, aggiungono o sottraggono consonanti, si comprano vocali e si gira la ruota come in preda a un furore etimologico derivato dal suo celebre predecessore Isidoro di Siviglia che un secolo prima scrisse un’enciclopedia che racchiudeva tutto ciò che era allora conosciuto e che si intitolava, appunto, “Etymologiae”. 

Insomma è un testo storico, è una saga, è un’enciclopedia, il tutto in meno di 200 pagine introduzione compresa. 
Accattatevillo! Leggetevillo!
Duecento pagine per diventare in una settimana al massimo esperti di storia del popolo longobardo.
A che pro non si sa ma sempre essere esperti di qualcosa nella vita che non esserlo affatto.

No?

Se poi volete seguirmi in questa follia longobarda rimando ad altri due post:
- La figura della donna longobarda in Paolo Diacono
- I Longobardi di Diacono: trova la Provvidenza

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