mercoledì 16 luglio 2008

Mansfield Park



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Il fasto della casa la sbalordiva, ma non riusciva a consolarla. Le stanze erano troppo grandi perché vi si potesse muovere con disinvoltura; temeva di rompere qualsiasi cosa toccasse e si aggirava quasi furtivamente, nel costante terrore di una cosa o di un'altra, rifugiandosi spesso a piangere nella sua camera.
Jane Austen – Mansfield Park

Sono arrivata al penultimo romanzo di Jane Austen e mi imbatto in Fanny Price.
Adottata dai suoi zii viene allevata in una lussuosa proprietà nella quale verrà sempre trattata con distanza e diffidenza perché di origine poverissima e ignorante. La distanza culturale tra lei e la sua famiglia di adozione le farà assumere un pensiero estremamente moralista e un fare bigotto, per lei non sarà giusto quello che pensa, ma giusto quello che si sforza di pensare.
Le rare volte che le viene permesso di lasciare il suo piccolo mondo di gomitoli arrotolati e letture ad alta voce per la zia rimbambita, si ritrova in un mondo al limite della perversione morale (dal suo punto di vista), dove i fidanzati vengono abbandonati per inseguire uomini senza scrupoli e senza qualità se non quelle meramente estetiche e dove i mariti vengono scelti in base alla loro rendita.
Verrà educata a leggere solo libri moralmente edificanti, il suo pensiero stesso verrà scolpito sull’immagine della devozione e della rettitudine… quanto è diverso questo personaggio dalla libera Elisabeth di Orgoglio e Pregiudizio, una donna che leggeva e viveva troppo, tanto da risultare petulante alle volte, una donna che aveva opinioni su tutto… Fanny non ha opinioni, se non quelle che le vengono suggerite da Edmund, l’uomo del quale si innamora, non ha personalità, se non quella che Edmund plasma per lei.
E’ un personaggio odioso e a un primo approccio c’è da chiedersi come sia potuto uscire dalla raffinata penna della Austen.
Lentamente il romanzo si dispiega ed emergono tra le righe le note di biasimo della stessa autrice che dimostra di non amare il suo personaggio e di non fare assolutamente nulla per farlo amare al lettore. Molto concentrata su se stessa, preoccupata fino all’estremo delle apparenze, fino all’ipocrisia, socialmente è perfetta, personalmente… una scatola vuota pronta a riempirsi all’occorrenza di ciò che gli altri vogliono vedere.
Non è sicuramente l’ideale di donna amabile… è quello che sarebbe diventato, di lì a poco, l’ideale di donna e moglie vittoriano. E’ qui che emerge il lato pungente di Austen, nella critica aperta all’ideale stereotipato di donna che sceglie come protagonista e che fa vincere sulle sue rivali: le due cugine, francamente figure odiose, ancor più di Fanny, stupide e arriviste, e Mary Crawford, l’elemento di rottura nel mondo di Mansfield, quello che porterà alla ribalta i nuovi ideali borghesi che prenderanno sempre più piede nell’Ottocento, quello che sconvolgerà il pacifico mondo rurale inglese con innata seduzione ma che verrà inesorabilmente punito perché, contrariamente a Fanny, si lascia sfuggire i propri pensieri e li confida, finalmente, proprio alla persona sbagliata, il suo innamorato Edmund, che abbandonerà il mondo del sogno, della bellezza e dell’amore per ritornare da Fanny, la creatura che lui ha plasmato secondo i propri desideri, che pensa ciò che lui le ha insegnato a pensare, che legge ciò che lui ritiene opportuno e che infine sarà diventata Edmund più di Edmund stesso.
Confesso il fastidio profondo che mi ha generato questa opera e ringrazio Jane per averla scritta.
Quando anche l’ultimo suo libro sarà stato letto… non mi resterà che ricominciare da capo là dove tutto è nato.

Foto: Sacile

1 commento:

  1. Marmotta-Toya,
    leggere quello che tu scrivi mi produce un piacere della mente. Ma non solo per i concetti letterari che tu esprimi; direi piuttosto per il modo in cui li porgi a chi ti legge. Un modo che non può fare a meno di far partecipare il lettore alle tue emozioni. Detto da chi ha la presunzione di ritenersi un competente nel campo della comunicazione, ha il suo valore.
    Presunzione la mia; valore il tuo.

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