lunedì 9 aprile 2018

La Croce e la Sfinge - Una biografia d'altri tempi

Veduta interna del Portico di Ottavia
Definire questo libro una biografia d'artista sarebbe riduttivo, definirlo biografia romanzata non sarebbe corretto.
Ritengo si possa considerare una biografia d'altri tempi stampata nel XXI secolo
La storia, la vita... siamo così abituati a conoscerle come una serie noiosa di date, nomi, titoli di opere che spesso ci ritroviamo a desiderare quelle biografie fantasiose di personaggi storici che riempiono gli scaffali dei supermercati in estate, ricostruzioni falsate dal desiderio di stupire quando in realtà la storia vera racchiude già meraviglie.

La Croce e la Sfinge non è sicuramente noioso e racchiude spunti poetici interessanti, un nonsoché di "Volevo fare lo scrittore e mi mantengo con il giornalismo".

Spunti come "Nessuno dei suoi antenati aveva mai visto né il Tevere né quelle Mura Aureliane che, entrando in città, dovrebbero sembrargli come lo steno di un gigante messo lì a riparargli le spalle dalla paura e dalla notte"... "Zuanne non aveva paura di niente, si sentiva forte, un Titano pronto a emergere tra le nubi della solita indifferenza degli dei e del mondo."


 In questa prosa c'è desiderio di liricità: "La Roma del Borromino gli si rivelò come un melograno maturo, frutto di una topografia impazzita che solo allora una commissione di geometri cercava di fissare su carta.", l'autore ondeggia tra la ricerca di accuratezza, la tendenza al lirismo e più di un tentennamento verso il misterioso e lo spionistico sconfinando purtroppo spesso nel ritratto macchiettistico "Dominecane". Continua a chiamare l'artista "lo scellerato", sottolineandone il carattere saturnino e una certa mania di persecuzione nonché maniacalità nel portare avanti le sue idee e le sue vendette, anche a costo di esporsi al ridicolo. Quel suo strenuo sostenere l'originalità dell'arte romana rispetto a quella greca infatti lo rende oggetto di scherno oggi come allora. Solo una settimana fa, infatti, la guida che ci accompagnava alla visita della mostra su Piranesi ai Musei Civici di Pesaro ridacchiava delle sue strambe idee, non nutrendo alcun particolare interesse per l'artista veneziano, prediligendo gli impressionisti e l'arte contemporanea, trovava evidentemente molto divertente prenderlo in giro, prendere in giro un uomo che venuto a Roma senza conoscenze e senza erudizione, solo con la sua abilità e la sua perseveranza fu a un passo dal decorare gli appartamenti pontifici e se non riuscì in quello quantomeno si fece grandemente apprezzare dai suoi contemporanei.

La vita di Piranesi è raccontata come un romanzo dunque, con piacevole prosa, ricostruendo laddove mancano le testimonianze, immaginando spesso ma con garbo e discreta cura filologica. Con leggerezza Panza proietta il lettore nella Roma papalina della seconda metà del Settecento, lascia scorgere i paesaggi e la vita che vi scorre, quel sentimento di
Incipit di un capitolo di Candide di Voltaire
morte e bellezza che la circonda e permea, immergendo la penna, solo parzialmente purtroppo nello stesso spirito con cui Vasari "dipinse" "Le vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori" nel XVI secolo. Quei titoli ai capitoli mi riportano alla mente qualcosa di sicuramente già letto, già apprezzato, che ritrovo per caso in Voltaire ma sicuramente c'è altro che mi sfugge, sono a un passo dal ricordo eppure sfugge... Tornerà.
C'è tanta voglia di romanzo ma troppo rigore filologico e un pizzico di pesantezza per poterla soddisfare. Resta un'opera piacevole a metà, sicuramente una storia interessante narrata in modo originale che si lascia apprezzare per lo sforzo.
Soprattutto resta la fotografia di una Roma in decadenza, gli ultimi bagliori di un sole morente, un mondo sta finendo, uno nuovo sta sorgendo più a Nord, più a Ovest. Roma è già periferia, tenuta attaccata al centro dal ricordo del suo antico splendore.
Chiude il libro la spiegazione dei simboli della chiesa di Santa Maria del Priorato, vera ossessione dell'artista che ha voluto farne il simbolo di quella sua Roma immaginaria nata dall'Oriente.

Sette di incoraggiamento insomma.

E qui si mette in pausa il capitolo di studio dedicato a Piranesi... che poi è pure nato il 4 ottobre come me e ne avverto il legame, qualcosa che ci fa unire l'eternamente perfetto e simmetrico con l'oscuro grottesco. Le anime divergenti di luce e ombra, il continuo equilibrio cercato tra l'ariosità classica e neoclassica e la claustrofobia del grottesco, futuro gotico.
La folle ricerca di perfezione, bilanciamento tra gli opposti no con la medianità e mediocrità del naturale bello ma con il contrasto del sublime perturbante.
Prossimo capitolo l'ovvio legame con la letteratura gotica di fine Settecento.

Nessun commento:

Posta un commento