martedì 3 aprile 2018

Giambattista Piranesi - Il sogno della classicità

Pasqua è ormai arrivata, tra poco si conclude l'esposizione temporanea dedicata a Giambattista Piranesi ai Musei Civici di Pesaro.
Tra mille cose da fare, pensare, progettare mi sfugge sempre qualcosa e mi ritrovo con la mostra che sta per concludersi e io che ci devo ancora andare così il 28 marzo mando una mail al museo per chiedere se sabato 31 marzo sono aperti e se c'è la possibilità di prenotare una visita guidata.
Detto fatto, prenoto per due e mi porto dietro LaMmamma, per una volta il coniuge è dispensato dal sorbirsi ruderi e classicume, ore a camminare che ci si spezza la schiena e il mio sguardo estasiato di fronte a qualunque accozzaglia di vecchiume polveroso.
C'è da dire inoltre che la mostra è a Pesaro e il Teo è convinto che ci voglia il passaporto per andarci. 
Il passaporto e un blister di Maalox.
Il Teo è un fanese doc.
Arrivate a Pesaro penso che forse di blister di Maalox ce ne vorrebbero due per il coniuge e ringrazio l'intuizione avuta di portarci LaMmamma.
La piazza è un brulicare di persone, tacchi, borse, giacche, capelli parrucchierati e gentebella, veniamo accolti dalle scenografie del ROF (Rossini Opera Festival) poste sotto i portici di Via S. Francesco e in Piazza del Popolo. Irresistibili le scenografie che ritraggono pareti di libri del "Moïse et Pharaon", allestimento del 1997 del ROF. 
Scatta il selfie con LaMmamma.

Arrivati a Palazzo Mosca - Musei Civici un'altra bella sorpresa: il Bookshop!
Ogni museo dovrebbe avere un bookshop: due cartoline, tre calamite, un catalogo completo e un catalogo economico.
L'esperienza museale è effimera, momentanea: un minuto sei lì, incantato dalle opere, in un frammento di tempo e spazio nell'altrove, un minuto dopo è tutto finito, passato.
C'è bisogno del take-away! 
C'è bisogno di portarsi a casa un pezzettino di quell'esperienza per poterlo rivivere, rigustare
Sì, sono una fan del bookshop!
L'ingresso viene 10€, la visita guidata 4
Bottino da Bookshop!
Ma siamo in chiusura della mostra perciò la includono nel prezzo del biglietto. Lo dico sempre che nella vita ci vuole cu fortuna e io modestamente devo mettermi a dieta.

La guida Alessandra ci introduce la storia di Palazzo Mosca, un tempo residenza della famiglia Mosca di Bergamo, e della Marchesa Vittoria, amante dell'arte, collezionista, intenzionata a costituire un museo di arti per dare la possibilità ai giovani artisti, impossibilitati a visitare le maggiori città d'arte, di venire a contatto con opere importanti e rappresentative di varie epoche artistiche.

Apre la mostra un busto Napoleone Bonaparte ritratto secondo i canoni del neoclassicismo di propaganda, la famiglia Mosca era riuscita a sgusciare con disinvoltura tra la nobiltà papalina e la Repubblica napoleonica mantenendo privilegi e agiatezze.
Nel quadro delle idee rivoluzionarie della seconda metà del Settecento si inserisce la mostra del Piranesi, veneziano, appassionato di classicismo e di Roma, si trasferisce nella città eterna contro il volere del padre e due anni dopo, fallito, è costretto a tornare nella casa paterna per andare a bottega con lo zio che gli insegna l'arte dell'incisione.
Delle tre tecniche di incisione Piranesi si specializza in quella all'acquaforte che prevede un bagno in acido per incidere la lastra di rame.
Torna a Roma e si piazza di fronte all'ambasciata francese, le sue opere incontrano il gusto d'oltralpe tanto che l'ambasciatore si porta in patria duecento sue opere e contribuisce a far conoscere l'artista anche al pubblico inglese ed europeo.
Il successo è garantito.

La mostra è costituita da settanta tavole incisorie divise in tre gruppi: Le Carceri, le Vedute di Roma e le Rovine.

Vedute di Roma
Con le Vedute Piranesi rivela il suo intento didattico tanto che le sue opere entrarono a far parte di enciclopedie e guide turistiche, di fatto si può considerare il primo illustratore grafico del Settecento, le sue opere ritraenti la classicità di Roma si inserirono pienamente in quel filone turistico che fu il Grand Tour: il lungo viaggio nell'Europa continentale effettuato dai rampolli dell'aristocrazia europea a partire dal XVII secolo caratterizzato anche dall'acquisto di vedute del paesaggio italiano, i prodromi insomma del turismo di massa e visto che le opere di Piranesi erano replicabili, l'artista si può quasi considerare il precursore dell'industria di souvenirs.

Rovine
E se da una parte abbiamo le vedute di Roma nella sua maestosità e perfezione, sospese in una dimensione senza tempo e senza riferimenti storici se non gli abiti delle figurine che popolano le Vedute, nel ciclo delle Rovine Piranesi si fa interprete di quel sentimento di effimero e mortalità che viene esaltato sin dal Barocco con l'espressione "Et in Arcadia Ego", meditazione sulla fine delle cose terrene. Meditazione resa ancora più viva e presente nel Settecento dalla scoperta del sito di Ercolano nella prima metà del secolo e dal terremoto di Lisbona nel 1755 che catturarono le attenzioni dei maggiori artisti, filosofi e storici dell'epoca sul concetto di caducità, morte e rovina.

Carceri
Il nucleo di incisioni che caratterizza maggiormente l'opera del Piranesi è sicuramente quello delle Carceri, tanto che lo stesso artista ne fece due edizioni a distanza di circa quindici anni; due edizioni diverse tra loro che sottolineano la maturità e abilità acquisita con il passare del tempo sia nell'elaborazione del tema e dei dettagli sia nella tecnica dell'acquaforte per la quale Piranesi si distingue come indiscusso maestro.

Le Carceri sono impressionanti.
Se ci si astrae dal contesto del museo, per quanto l'allestimento tendente alla verticalità non aiuti tantissimo, si avverte tutta l'oppressione, la claustrofobia di ambienti di archi, volute, ruderi, scale, passerelle, omini guardoni che praticano e osservano supplizi, titani torturati da formiche.
L'oppressione dell'infinito.
Non siamo di fronte ad anguste celle, buie, umide, soffocanti, qui è l'infinito che imprigiona, il ripetersi di elementi architettonici infiniti come gli archi, come i gradini di interminabili scale che portano al nulla e oltre non ci sono pareti, non ci sono muri, oltre le catene sembra esserci il cielo, la luce solare tagliante e fredda del mezzogiorno.
Dirà De Quincey delle Carceri: "Seguite le scale più in là, ed ecco le vedrete terminare bruscamente, senza balaustrata alcuna, sì da impedire, a chi ne sia giunto al sommo, un passo più oltre se non nel sottostante abisso."
La prigione dell'abisso, nessun riparo, i prigionieri sono esposti agli sguardi dei carnefici e dei curiosi. Titani tiepoleschi dalle membra affusolate sottoposti a torture da formiche, con stoica rassegnazione sopportano, consci, forse, della loro ragione, come se loro fosse il diritto e sopruso la pena.
Ohhhhhh, c'è sublime poesia in tutto questo!

E poi insomma a me Piranesi è sempre piaciuto, le sue Carceri mi stregarono nell'ottobre del 1998 quando la professoressa di Inglese I lo citò durante il corso monografico sul gotico inglese, ci mise davanti agli occhi una riproduzione delle Carceri e da allora si può dire che divenne un pensiero fisso.
Poi nel 2000 mi sposai e trovando le pareti di casa mia troppo spoglie mi feci regalare da mia mamma delle stampe che aveva acquistato nonno Vittorio, da allora quelle stampe mi hanno seguita in tutti i traslochi, sono vedute di Roma, riproduzioni di incisioni di, toh!, Piranesi.

A volte la vita fa strani giri, il bello arriva e resta in testa, oppure non è bello ma ci piace,. Inconsapevolmente ci circondiamo di quel bello, di quel piacere, si formano cluster, aggregazioni casuali di similia.

Un giorno racconterò di Piranesi e del gotico inglese, quel mondo di sublime attrazione, ascesa e perdizione, volùte come chiocciole discendenti nei meandri più oscuri del secolo illuminato.
Liberté, égalité, testa mozzé.

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