domenica 11 marzo 2018

Eileen Power Vita nel Medioevo - un saggio alla portata di tutti



“La storia vale in quanto è viva”

Sono parole di Eileen Power che in questo libricino di neanche 200 pagine racchiude le vite di sei persone più o meno comuni del Medioevo, sei "bozzetti", come li definisce lei, che pulsano di vita vera.
Chi ai tempi delle superiori avesse avuto un impatto traumatico con il Medioevo potrebbe ricredersi, lasciarsi attirare e magari diventare un appassionato di questa epoca; l'opera si adatta sia ai neofiti che ai più eruditi per la capacità dell'autrice di rendere vive persone  e luoghi lontani centinaia di anni partendo da piccole cose, abitudini, usanze.
Il testo si discosta dalla storiografia classica legata agli atti ufficiali, alla politica, all'economia e attinge da documenti rari, testamenti, note spesa, iscrizioni tombali, toponomastica, storia del costume, documenti ecclesiastici e opere di letteratura tra Chaucer, Boccaccio e Marco Polo alternando la narrazione con lievi digressioni da pettegolezzo che rendono leggera e scorrevole la lettura di un'opera che, in fondo, è un saggio ben strutturato e ricco di informazioni.
La pecca, costante nei saggi soprattutto in edizione economica, è la mancanza di supoporti visivi, immagini e illustrazioni che rendano ancora più vivo il racconto.
Provo io qui a sopperire a tale mancanza.

Bodo il Contadino

Capitulare: De Villis
Fonte primaria è il libro catastale dell'abate di Saint-Germain-des-Près all'epoca di Carlo Magno, siamo dunque nel VIII secolo. La Power ci introduce nel manso, nella sua struttura, ci spiega l'organizzazione del lavoro e della quotidianità e le diverse prestazioni cui erano soggetti i coloni. Gli uomini lavoravano nei campi o nel distretto come artigiani e le donne lavoravano in un quartiere separato come usavano gli antichi greci, con un ingresso sbarrato come in un harem.
Capitulare de villis vel curtis imperii - Capitolo LXX 
"E sia il quartiere delle nostre donne ben sorvegliato, con case e stanze fornite di stufe e dispense, e sia circondato da una buona palizzata, e le porte siano robuste, in modo che le donne possano svolgere convenientemente il nostro lavoro" Carlo Magno - "Capitulare: De Villis". Viene sottolineata la natura sostanzialmente pagana del cristianesimo contadino dell'epoca legato ai ritmi della terra e agli antichi scongiuri e invocazioni e si riporta come la domenica nessun lavoro servile debba esser fatto, eccezioni possono essere solo "il trasporto per l'esercito, il trasporto del cibo e il trasporto del corpo di un signore alla sua tomba." 


Marco Polo

Ritratto di Marco Polo da giovane
in un’edizione de Il Milione
pubblicata a Norimberga nel 1477
Il capitolo si apre con un sintetico excursus su Venezia, la sua ricchezza e la sua espansione nel Mediterraneo che portarono in pochi secoli la città a essere il centro di tutti i traffici mercantili dall'Oriente grazie sicuramente alla conformazione delle sue terre, tutte rivolte al mare, e alla spregiudicatezza dei suoi governanti che non si fecero intimidire dalle scomuniche papali.
"ed appresso che Monsignor Domenico Morosino fu Doge, tenne egli il dogado di Vinegia in grande gioia ed in grande letizia''' e se ne andavano li Viniziani per mezzo il mare qua e là, e di là il mare, ed in tutti luoghi, ed acquistavano mercatanzie e le conducevano in Vinegia da tutte le parti. E le venivano acquistare dirittamente in Vinegia Alamanni e Bavari, Franzesi e Lombardi, Toscani ed Ungheri, e tutte le genti che vivono di mercatanzie, e le conducevano in loro paesi." - La Cronique des Veneciens de Maistre Martin da Canal. 
E ancora Petrarca: "Vedi dal lido italico sciogliere adesso innumerevoli navi (...). Le une ad oriente volgon la prora le altre ad occidente, queste incontro a borea, ad austro quelle... Quindi nelle tazze britanne vanno a spumare i nostri vini, il nostro mele è recato a lusingare il gusto degli Sciti, e, difficile a credersi, le legna dei nostri boschi si portano agli Egizi ed agli Achei. Quindi ai Siri, agli Armeni, agli Arabi, ai Persi da noi spedito giunge l'olio, lo zaffarano, ed a vicenda da loro vengono a noi merci diverse." Petrarca, Lettere senili, 1, II, lettera III.
Veduta di Venezia in una miniatura del
Libro del Gran Khan, titolo del codice dell’opera
di Marco Polo conservato alla Bodleian Library
di Oxford
Dall'altra parte del mondo, all'apogeo della loro potenza, c'erano i Tartari, popolazione che affascinava il giovane Marco Polo. Dapprima temuti come un nuovo flagello vennero in seguito visti come un possibile alleato contro il nemico comune: l'Islam. Fu allora che nacque la leggenda del Prete Gianni, re-sacerdote cristiano in terra d'Oriente, allora iniziarono gli scambi di ambascerie e le missioni di cristianizzazione, il padre e lo zio di Marco, Niccolò e Matteo Polo, erano appena tornati dalla Tartaria che subito ripartirono con Marco coprendo territori fino ad allora inesplorati come il lago Lob che fu riscoperto solo nel 1871.
Marco Polo rimase diciassette anni presso il Gran Khan, entrato nelle sue grazie perché diversamente dagli altri funzionari che si limitavano a curare gli affari del Khan, Marco si interessava ai costumi dei diversi territori che costituivano il vasto regno riportando al Khan novelle, usanze e curiosità. Viaggiò lungo i confini del Tibet fino a Yunnan, e penetrò nella Birmania settentrionale: terre che rimasero ancora sconosciute all'Occidente fino al 1860.
La parte più curiosa del racconto è sicuramente l'ultima: gli anni della sua prigionia a Genova a seguito di un attacco alla flotta veneziana, il suo trascorrere i giorni raccontando storie di paesi lontani tanto che "ben presto gli uomini di mondo e di studio e le sfacciate dame genovesi fecero ressa, come già prima avevano fatto gli uomini di Rialto, per ascoltare le storie di Kublai Khan" e il suo compagno di prigionia Rustichello da Pisa "metteva per iscritto i racconti fatti da Marco in mezzo alla folla dei prigionieri veneziani e dei gentiluomini genovesi".
I rapporti tra oriente e occidente continuarono a fiorire dopo di lui fino alla metà del quattordicesimo secolo con la caduta della dinastia tartara che portò a un ritrovato isolazionismo della Cina e l'estensione dell'Islam in tutta l'Asia centrale che rese i viaggi meno sicuri. I racconti di Marco Polo si fecero leggenda fino a quando un capitano di mare genovese, incuriosito dal libro dei viaggi del Polo non si ostinò a voler trovare  una nuova strada per l'estremo oriente facendo rotta verso ovest.
"E questa fu l'ultima delle meraviglie di messer Marco, che scoprì la Cina nel XIII secolo, quando era vivo, e nel XV, quando era morto, scoprì l'America."
Verso Est invece i viaggi ricominciarono dal XVIII secolo, ecco perché alcuni dei luoghi già scoperti dai Polo furono "riscoperti" nel XIX secolo.
Suggerisco un post molto bello, ricchissimo di immagini sul blog Imparare con la storia

Madame Eglentyne

Miniatura di madama Eglentyne a margine della prima iniziale del
racconto della madre priora nel manoscritto Ellesmere Chaucer,
uno dei più antichi e più decorati dei Racconti di Canterbury
A partire dal Prologo dei Racconti di Canterbury di Chaucer viene ricostruita la vita nei monasteri inglesi del quattordicesimo secolo.
"Per molto tempo gli storici hanno scioccamente creduto che re, guerre, assemblee parlamentari e sistemi giuridici fossero i soli oggetti della loro ricerca; si dedicavano alle cronache e agli atti dei parlamenti, ma non li sfiorava nemmeno l'idea che si potessero cercare nei polverosi archivi vescovili i grossi libri nei quali i vescovi medievali registravano le lettere che scrivevano e tutti i complicati affari relativi al governo della loro diocesi. Ma quando gli storici si decisero a compiere queste ricerche, trovarono una miniera di informazioni preziose su quasi tutti gli aspetti della vita sociale e religiosa. Dovettero lavorare di scavo, naturalmente, perché quasi tutto ciò che vale la pena di conoscere è come il metallo prezioso che dev'essere strappato alla roccia; e per un solo filone lucente il minatore deve spesso scavare per giorni interi sottoterra in una massa di materia opaca; e quando l'ha raggiunto deve scavare dentro di sé, per riuscire a capirne il significato."
Che palle la storia? No! Che figata la storia! 
Dominican nuns in quire
From Brit. Mus. Cott. MSS. Dom. A xii f.
Eileen Power ci racconta di quanto fossero lagnose le monache e soprattutto pettegole. Il vescovo doveva passare in rassegna tutti i monasteri del suo territorio e raccogliere le testimonianze delle monache per controllarne il buon andamento. Le lagnanze e i pettegolezzi delle monache non venivano ovviamente riportate nei grossi libri della storia ufficiale ma nei registri vescovili, vere miniere d'oro per gli storici di professione e per i pettegoli della storia. La Power prova a ricostruire una storia verosimile di questa madre priora e del convento sfiorando a tratti il comico: "coloro che avevano stabilito la serie di gesti in uso nei conventi medievali riunivano però un'ingenuità soprannaturale a un'assoluta mancanza di senso dell'umorismo, e quella specie di muto pandemonio che ne scaturiva a pranzo, intorno al tavolo di Eglentyne, deve aver suscitato molto più spesso ilarità di qualsiasi discorso. La suora che desiderava del pesce doveva agitare le mani in posizione obliqua, come fanno i pesci con la coda; se voleva del latte doveva tirare il mignolo della mano sinistra come se stesse mungendo; per la mostarda doveva appoggiare il naso alla parte superiore del pugno destro e sfregarlo; per il sale doveva pizzicare col pollice e l'indice destro il pollice sinistro; se voleva del vino doveva muovere l'indice su e giù sul polpastrello del pollice all'altezza dell'occhio e la colpevole sacrestana, ricordando improvvisamente  di non aver preparato l'incenso per la messa, doveva ficcarsi gl'indici nelle narici".
I conventi del tardo Medioevo erano ben lontani dall'ideale di lavoro, silenzio e preghiera ritratti nelle miniature dei manoscritti, la Power si riferisce al registro di John de Grandisson in G.G. Coulton, A Medieval Garner, 1910
"154.—a Cathedral (Visitation.
EouEN Cathedral. (March 19, 1248 Regestrum Visitationum Odonis Rigaldi, Ed. Bonnin, p. 35.)
E visited the Chapter of Rouen, and found that they talk in choir contrary to rule. The Clergy wander about the church, and talk in the church with women, during the celebration of divine service. The Statute regarding the entrance [of lay folk] into the choir is not kept. The psalms are run through too rapidly, without due pauses. The statute concerning going out at the Office of the Dead is not kept. In begging leave to go forth, they give no reason for so going. Moreover, the clergy leave the choir without reason, before the end of the service already begun; and, to be brief, many other of the statutes written on the board in the vestry are not kept. The chapter revenues are mismanaged [male tractantur].
(...)
We have learned from the lips of men worthy of credit, not without grave displeasure, that certain Vicars and other Ministers of our Cathedral Church—^to the offence of God and the notable hindrance of divine service and their own damnation and the scandal of our Cathedral Church aforesaid—fear not to exercise irreverently and damnably certain disorders, laughings, gigglings, and other breaches of discipline, during the solemn services of the church ; which is shameful to relate and horrible to hear. To specify some out of many cases, those who stand at the upper stalls in the choir, and have lights within their reach at mattins, knowiugly and purposely throw drippings or snuffings from the candles upon the heads or the hair of such as stand at the lower stalls, with the purpose of exciting laughter and perhaps of generating discord, or at least rancour of heart and silent hatred among the ministers (...).
Tutto il progetto A Medieval Garner si trova qui.

Tanto era diffusa la cattiva abitudine di biascicare, borbottare e saltare i versi delle preghiere per finire più in fretta che si ricorse all'invenzione del Tittivillus, un diavolo raccoglitore delle chiacchierate inutili che avvengono durante le funzioni religiose; e delle parole mal pronunciate, borbottate oppure omesse nelle funzioni stesse; per portarle nell'Inferno.
In un anonimo trattato devozionale inglese del XV secolo, Myroure of Oure Ladye (Lo specchio di Nostra Signora), Titivillus così presenta sé stesso (I.xx.54): "I am a poure dyuel, and my name ys Tytyvyllus... I muste eche day... brynge my master a thousande pokes full of faylynges, and of neglygences in syllable and wordes. (Sono un povero diavolo, e il mio nome è Titivillus... Devo ogni giorno... portare al mio padrone un migliaio di borse piene di errori, e di negligenze nelle sillabe e nelle parole)." 
Appare per la prima volta come un demone che porta un sacco, descritto nel Tractatus de Penitentia di John of Wales (ca. 1285), in un verso destinato a diventare famoso attraverso tutto il Medioevo:

    Fragmina verborum titivillus colligit horum
    Quibus die mille vicibus se sarcinat ille.
Trad.
    Titivillus raccoglie i frammenti di queste parole
    con cui riempie il suo sacco migliaia di volte al giorno

In seguito divenne "diavolo patrono degli scribi" per giustificare refusi, omissioni, errori di vario genere e marginalia dovuti a noia.
Marginalia dal Rothschild Canticles, Beinecke
Rare Book and Manuscript Library,
Yale University, MS 404, f. 134r. 

Gatto che fa il burro.
Rothschild Canticles














E poi insomma, quando penso a tutto questo biascicare litanie la mente non può astenersi dal riandare all'insuperabile Marchese del Grillo e al suo "orapronobis".




Per altre curiosità nel manoscritto Rothschild Canticles rimando alla ricerca per immagini qui: miniature divertenti e decorazioni bellissime.

Torniamo alle nostre suore: le distrazioni non erano solo naturali ma anche anche paganti, era infatti usanza per signore con mariti alla guerra o lontani per commerci o pellegrinaggio trascorrere del tempo in convento, fino a un anno, e queste portavano tra le mura del convento vizi e frivolezze mondane, feste, balli e animali da salotto: cani ovviamente ma anche scimmie, scoiattoli, uccelli e raramente gatti.
Poi c'era il problema che queste monache in monastero non c'erano mai, spesso in viaggio con la scusa dei pellegrinaggi proprio come ci viene presentata madame Eglentyne da Chaucer, in pellegrinaggio verso la tomba di San Tommaso Beckett, da secoli venivano invitate o obbligate a non lasciare le sicure mura dei monasteri ma quelle erano sempre in giro, anche a far baldoria con i frati. 
Alla vita delle monache inglesi del medioevo la Power ha dedicato un'intero studio che potete ritrovare qui.

La moglie del ménagier

Miniatura dal « Ménagier de Paris », secolo XV
Basato sul Ménagier de Paris, manoscritto di economia domestica scritto tra il 1392 e il 1394, attribuito a un borghese parigino per istruire la giovane moglie sul comportamento sociale e sessuale, arricchito di ricette e consigli per la caccia e il giardinaggio, il testo viene oggi considerato come il maggior trattato culinario francese del medioevo.
Il tono è gentile e protettivo, rivoluzionario quasi quando chiede alla moglie di fargli onore con il secondo marito visto che più spesso i mariti anziani raccomandavano alle mogli di non risposarsi e non di rado vincolavano l'eredità alla loro permanenza nella vedovanza.
La prima parte tratta di religione e doveri morali illustrati da una serie di racconti. Nel citare i racconti però la Power rivela la sua vocazione più storica che letteraria visto che attribuisce il racconto della paziente Griselda a Petrarca che ebbe in realtà solo il merito di trascriverla in latino contestualizzandola e dandole fama internazionale: il racconto originale è infatti contenuto nel Decameron del Boccaccio.
Il capitolo del Ménagier è forse quello più ricco di citazioni dal testo e pochi approfondimenti, degna di particolar attenzione è la parte dedicata agli "uffici di collocamento" del XIV secolo ovvero le raccomandatrici, donne che si occupavano appunto di raccomandare balie o camieriere a servizio.
Curiosita: nel libro del Ménagier si trova la ricetta dei "guaffres", dolce di origine antichissima che in Belgio conserva la grafia gauffres, in inglese è diventato waffle mentre in Abruzzo è conosciuto come ferratella o pizzella, tradizionalmente cotta con un ferro speciale portato in dote dalla giovane moglie con incise nel centro le iniziali della sposa. La ricetta si trova sul sito Terre dei Trabocchi, io ho la mia personale.

Thomas Betson

Jan Van Eych, “Ritratto dei coniugi Arnolfini”,
1434, National Gallery di Londra
 
Questo è sicuramente il capitolo più interessante e più curiosamente documentato di tutto il saggio, parla di un commerciante di lana inglese del XV secolo e si basa principalmente su epistolari dell'epoca e trattati di costume.
Pochi sanno che la grandezza e il potere del Regno Unito si basano sulla lana, la sua lavorazione e il suo commercio. I mercanti di lana inglesi erano i più ricchi del paese, molti diventavano sindaci di importanti città e potevano erogare prestiti, tanto che la stessa corona si trovò indebitata con la Compagnia dell'Emporio, corporazione che trattava appunto la lana. La lana veniva dapprima commercializzata grezza dagli inglesi e trasformata in stoffe nei Paesi Bassi e in questo modo fiorirono sia i mercanti inglesi che le industrie dei Paesi Bassi, a fine Medioevo però gli inglesi iniziarono a lavorare la materia prima mandando in rovina le città tessili delle Fiandre.
La Power ha frugato tra gli epistolari conservati dell'epoca ritrovando questo Betson, mercante dell'Emporio di Calais, promesso sposo di una giovane di tredici anni di nome Katherine. nelle lettere di Betson affari commerciali e privati sono mescolati fornendo un'ampia panoramica sul periodo. 
Nel capitolo si parla di mercanti e mercati, degli usi del commercio dell'epoca e conosciamo tutto attraverso gli occhi di questo commerciante inglese che ci rende vive e palpabili nozioni su nozioni di economia medievale che normalmente sembrerebbero noiosissime.
In questo la Power ha compiuto una vera opera di divulgazione, piacevolissima.
Ho messo il ritratto dei coniugi Arnolfini perché più che una fotografia dell'epoca è fotografia di quello che coniugi borghesi di fine Medioevo potevano custodire nell'armadio e si vede proprio la signora Arnolfini indossare un vestito verde di pregiata lana inglese confezionato probabilmente a Bruges. Chi vuole approfondire questo aspetto può trovare soddisfazione qui, Episodio 1 di Luci e Ombre del Rinascimento su RaiPlay, appena dopo il minuto 8.30.

Thomas Paycocke di Coggeshall

Coggeshall
Dalla lana si passa alla stoffa.
Questo capitolo è il naturale seguito di quello precedente visto che il mestiere del pannaiolo prosperò nel momento in cui gli Inglesi decisero che oltre che venderla la lana dovevano anche trattarla e trovo molto carino che per introdurre l'argomento la Power si serva ancora delle parole di Chaucer, o meglio, della donna di Bath
Aveva una tale abilità nel fabbricare la stoffa
Da superare quelli di Ypres e di Gand
Caratteristica casa di Thomas Paycocke
Siamo alla fine del Trecento, nasce il sistema industriale: la fabbricazione delle stoffe necessita l'intervento di più persone specializzate ognuna nel suo settore: filatura e cardatura venivano affidati a donne e bambini a casa loro, poi c'era la follatura, la tessitura, la tintura e tutte queste attività divennero tanto importanti da necessitare sempre  più persone e spazi cosicché l'attività si spostò nelle campagne dove alcuni villaggi erano interamente dedicati al settore tessile. Uno di questi villaggi era proprio Coggeshall, dalla caratteristica architettura con travi a vista, tratto distintivo delle case della borghesia, classe sociale nascente a metà tra signori e contadini.
La Power trae le sue fonti  dalle tombe, dalle abitazioni, dai lasciti che testimoniano quali fossero i possedimenti, gli oggetti più cari e comuni di quel tempo e da ciò che resta ancora ben visibile a tutti ovvero la casa di Thomas Paycocke, testimone imponente della nascita dell'industria tessile che gli inglesi hanno saputo conservare e trasformare in casa-museo grazie alla loro evidentissima propensione alla conservazione e cultura museale.

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