domenica 1 ottobre 2017

Le Cave del Vaticano - Fleurissoire tra Lancillotto, Don Chisciotte e il surrealismo


Da dieci anni covavo il desiderio di leggere Le Cave del Vaticano di André Gide, desiderio che nacque al corso di francese della prof. Zuffi sulla narratologia, si parlò della sua farsa su un grande segreto che coinvolgeva il Vaticano e io mi ero già prefigurata una storia alla Dan Brown ma meglio scritta.

Quando mi sono trovata l'opera tra le mani ho atteso qualche settimana prima di iniziarla tanta era l'aspettativa che nutrivo e che è stata solo parzialmente delusa.

L'opera è una farsa in cui vengono ridicolizzati il bigottismo e le beghine, queste donne tutte casa e chiesa desiderose di santità, una su tutte Arnica Fleurissoire che cade nel tranello di uno sconosciuto che le confessa della cattività del Papa: un gruppo di truffatori aveva ideato una menzogna ammirevole per spillare soldi ai boccaloni francesi ossia che il Papa fosse stato fatto prigioniero con la complicità del Quirinale e che quello che si mostrava al pubblico fosse in realtà un impostore.

Quando Amédée Fleurissoire, marito di Arnica, viene a conoscenza del rapimento resta folgorato da un impulso mai provato prima e anziché sostenere la finta colletta che dovrebbe aiutare a liberare il Papa, decide dipartire lui stesso in missione. Lui, novello don Chisciotte che non aveva mai viaggiato al di fuori della sua città, che viveva nel terrore di prendersi un raffreddore, lui si sente ormai predestinato: finalmente ha trovato lo scopo della sua esistenza e si mette in viaggio, solo, alla volta di Roma.

Come gli antichi eroi di chiara fama consacrati dalle canzoni di gesta, a cavallo del suo treno, con un foulard come scudo e nessuna arma al fianco parte in missione lasciando moglie e amico tra stupore e ammirazione.

Inutile dire che il viaggio è già di per sé qualcosa di ridicolo tra treni sbagliati, pulci, cimici, zanzare, brufoli e il terrore delle correnti d'aria ma alla fine riesce ad arrivare a Roma e a portarsi il più vicino possibile a quel Papa che crede di dover salvare. E' vicino, si sente vicinissimo a compiere la sua (ridicola) missione ma... cade in tentazione e la mattina si risveglia con una donna che giace nuda al suo fianco.

E' la fine.

Per quanto desideri portare a termine la sua missione il senso di colpa lo divora, la distrazione di un momento fa crollare in lui tutta la sicurezza di essere il predestinato e alla fine confessa il suo peccato, tra le risate degli impostori e del lettore:

"... e siccome i fumi del vino si mescolavano alle nubi della tristezza e i rutti dell'ubriachezza al gemito dei singhiozzi, chino dalla parte di Protos cominciò col vomitare il pranzo. Poi raccontò confusamente la notte passata con Carola e il dolore per la recente perdita della sua verginità. Don Bartolotti e prete Cave fecero un enorme sforzo per non soffocare dalle risate."

Come Lancillotto a un passo dal Santo Graal, Fleurissoire si sente a un passo dal portare a termine l'arduo compito: ha trovato degli alleati, prodi cavalieri in abito talare che lo supporteranno e lo indirizzeranno dritto alla meta.

Come Lancillotto perduto a causa di una passione dannata per Ginevra, Fleurissoire peccherà, a sua insaputa oserei dire, e tutta la forza delle sue più nobili intenzioni crollerà come castello di carte al vento per una prostituta. 

Fleurissoire è l'uomo comune: anonimo, intristito, privo di immaginazione, grigio, lo stereotipo del borghese dei primi del Novecento, non c'è possibilità di salvezza per la sua anima.
La grande rivoluzione di Gide risiede nell'utilizzare questo buffo personaggio per mettere nella pratica narrativa ciò che André Breton teorizzerà dieci anni più tardi nel 1924 nel Manifesto del Surrealismo: 

”Il più semplice atto surrealista consiste nello scendere in strada con una pistola per mano e sparare a caso, finché si può, sulla folla”

E così fa André Gide: all'improvviso, senza minimamente preannunciarlo, senza motivo, l'autore Booooom! Getta il povero Fleurissoire fuori dal treno e fuori dalla storia lasciando il lettore a guardare dal finestrino il corpo scomposto dell'incolpevole borghesuccio.

"Un crimine senza motivo... Non è tanto degli avvenimenti che ho curiosità, quanto di me stesso"
Così pensa Lafcadio mentre compie il gesto assurdo e quando cerca di motivare l'atroce atto riesce solo a dire
"Non lo so... Non aveva un aspetto felice."

Per Fleurissoire nessun ritorno in patria da eroe, nessun funerale in pompa magna, nessun bardo canterà il suo coraggio e nessun re o papa piangerà sulle sue spoglie, solo la prostituta Carola aspetterà che i parenti stretti si allontanino dalla tomba per porgere il suo ultimo saluto sotto la pioggia e posare un mazzo di crisantemi.

E qui si conclude la storia dell'uomo qualunque che si mise in testa di fare l'eroe e che fu ucciso senza motivo.

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